Nematodi sotto controllo con Pochonia chlamydosporia

Ho il piacere di condividere con voi un mio articolo pubblicato su terraevita

L’uso dei microrganismi oggi rappresenta una valida e risolutiva soluzione per controllare i nematodi fitopatogeni e preservare lo stato di salute del suolo. Fra gli antagonisti biologici, il più noto e studiato è Pochonia chlamydosporia, che ha anche effetti positivi sulla crescita delle piante

I nematodi sono presenti in natura in tutte le nicchie ecologiche disponibili. Nel suolo, possono svolgere un ruolo utile come decompositori o predatori, e solo una piccola frazione del totale delle specie è nota per parassitare le piante. Le specie maggiormente dannose presenti in Italia includono i nematodi galligeni (Meloidogyne spp.), cisticoli (generi Heterodera e Globodera), quelli delle lesioni (Pratylenchus spp.), le specie fogliari (Ditylenchus dipsaciAphelenchoides spp.) e i nematodi vettori di virus (Xiphinema index e altre specie appartenenti alle famiglie Longidoridae e Trichodoridae). Queste specie inducono un impatto economico significativo sulle colture della produzione agraria mondiale, stimato tra 5 il 20%.

Questo spiega l’attenzione dedicata negli ultimi anni  per cercare soluzioni alternative (ai prodotti chimici e fumiganti) e valide per il loro contenimento, affidantosi  ad  una visione più pragmatica e olistica, finalizzata alla gestione integrata e razionale delle fitoparassitosi in  attività agricole di tipo sostenibile, integrato o biologico e convenzionale.

Biocontrollo dei nematodi, il fungo Pochonia

L’uso dei microrganismi oggi rappresenta una valida e risolutiva soluzione per controllare i nematodi fitopatogeni e preservare lo stato di salute del suolo.

Clamidospore

Fra gli antagonisti biologici, il più noto e studiato è Pochonia chlamydosporia, un ifomicete del suolo in grado di colonizzare anche le radici delle piante. Si tratta di un fungo nematofago, che parassitizza le uova di nematodi galligeni e cisticoli. Una serinproteasi (VCP1) è attiva nella penetrazione dell’uovo, conferendo anche, a diversi isolati, una elevata specializzazione parassitaria. Le uova o le cisti vengono parassitate dalle ife vegetative presenti nella rizosfera, attraverso la produzione di strutture infettive (appressori) specializzate. La formazione degli appressori e la conseguente infezione iniziano con un processo di adesione, mediato da glicoproteine ed enzimi (come la serinproteasi) e successiva penetrazione. Queste fasi sono influenzate da segnali ambientali, come la carenza di nutrienti disponibili per il fungo.

Effetti positivi sul suolo e sulle piante

Oltre ad essere un agente di biocontrollo, P. chlamydosporia è un endofita e possiede ottime capacità di colonizzazione del terreno e della rizosfera. Infatti, recenti studi hanno dimostrato che questo ifomicete colonizza le radici di orzo endofiticamente ed entra in competizione con funghi radicali già presenti. Inoltre, la colonizzazione delle radici da parte di P. chlamydosporia ha mostrato effetti positivi sulla crescita delle piante, come indicato dal peso della radice e dal peso e lunghezza dei germogli, che sono risultati maggiori rispetto al controllo. Questo dimostra che il fungo agisce come un endofita radicale a lungo termine e che conferisce effetti benefici alla pianta ospite. Colonizzando endofiticamente le radici di piante P. chlamydosporia ha dimostrato di migliorare le rese di colture infestate da nematodi su diverse specie d’interesse agrario.

Cresce l’impiego dei batteri come agenti di biocontrollo

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I  microrganismi appartenenti al genere Bacillus sono ampiamente utilizzati in ambito biotecnologico, come nel biocontrollo naturale dei patogeni in agricoltura, nella produzione di insetticidi, di antibiotici, di enzimi e probiotici. I batteri e altri microrganismi saranno al centro del corso webinar che inizierà il 29 settembre

I  batteri appartenenti al genere Bacillus sono considerati tra le migliori specie di microrganismi candidati per la realizzazione di BBM (prodotti a base di microrganismi) .

Infatti, il genere Bacillus racchiude batteri a forma di bastoncello (bacilli) e produttori di spore che mantengono la cellula in uno stato di dormienza finché non vengono ripristinate le condizioni favorevoli alla loro crescita. Le endospore prodotte da tali bacilli, sono particolarmente resistenti all’essiccazione, al calore, alla luce UV, ai solventi organici, alle radiazioni. Proprio dal punto di vista applicativo la formazione di endo- ed esospore rappresenta quindi un prerequisito fondamentale per la formulazione dei BBM stabili nel tempo.

L’azione di biocontrollo

I  microrganismi appartenenti al genere Bacillus sono ampiamente utilizzati in ambito biotecnologico, come nel biocontrollo naturale dei patogeni in agricoltura, nella produzione di insetticidi, di antibiotici, di enzimi e probiotici in quanto considerati vere e proprie fabbriche naturali per la produzione di composti bioattivi. Diverse specie batteriche appartenenti al genere Bacillus, tra cui B. subtilis e B. amyloliquefaciens, incluse nella categoria dei PGPR, (Plant Growth Promoting Rhizobacteria) considerati quindi batteri della  rizosfera partecipano, con altri microrganismi, alla denitrificazione dei composti azotati, e sono efficaci nel controllo di molte malattie delle piante causate sia da patogeni del suolo sia da patogeni del post-raccolta e della fillosfera. Questi batteri hanno la capacità di colonizzare le radici con estrema rapidità producendo un biofilm (comunità microbiche altamente strutturate che aderiscono alle superfici); e la capacità di secernere proteine e metaboliti secondari e inoltre non sono patogeni per l’uomo. Questi batteri sono importanti agenti di biocontrollo, in grado di promuovere la crescita delle piante e sintetizzare diversi metaboliti con attività antibatterica e anti fungine.

Effetto dell’inoculazione di un ceppo di Bacillus subtilis su piantine di patata, nel biocontrollo di Rhizoctonia solani e nella biostimolazione della produzione di tuberi. Legenda: RT27 = ceppo di Rhizoctonia solani; 3RII = ceppo di Bacillus subtilis; H2O = pianta di controllo trattata con sola acqua (Fonte: Sellitto V. M. et al. (2020) – Microrganismi utili in agricoltura, Edagricole)

È evidente il potenziale quale agente di controllo biologico contro funghi fitopatogeni e batteri, mediante applicazioni di una soluzione di Bacillus in pieno per via fogliare e radicale. Ciò si verifica per un’azione antagonista nei confronti di funghi fitopatogeni sia dell’apparato aereo delle piante (Alternaria spp., Botrytis cinereaOidium spp., Bremia spp., Peronospora spp., Monilinia spp.), sia dell’apparato radicale (Phytium spp., Rhizoctonia spp., Fusarium spp. e Sclerotinia spp.). L’azione antagonista e l’inibizione dello sviluppo dei funghi patogeni è dovuta alla digestione di pareti e membrane cellulari del micelio, attraverso la produzione di enzimi chitinolitici, glucanolitici e proteolitici che comportano la fuoriuscita dei liquidi cellulari, la disidratazione e la morte del patogeno.

BBM ricchi di Bacillus oggi posso essere usati su tutte le colture e nei diversi ambienti pedoclimatici. A partire della semina e dal trapianto fino alla fase di pre e post raccolta.

Microalghe in agricoltura sempre più interessanti

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Efficaci se utilizzate come fertilizzanti e biostimolanti, ma anche per il bio trattamento delle acque reflue o contaminate

Le microalghe, in virtù della loro capacità di adattamento, possono essere impiegate in svariati settori produttivi e questo è il motivo per cui oggi sono considerate una biomassa pregiata e di notevole rilevanza economica.

L’applicazione delle microalghe nel settore dell’industria energetica per la produzione di biocarburanti è legata alla loro capacità di biosintesi e accumulo di lipidi o di zuccheri, che permettono rispettivamente la produzione di biodiesel o di bioetanolo. Inoltre, le microalghe trovano impiego anche nella produzione industriale di bioplastiche e biopolimeri.

Foto al microscopio di una coltura microalgale.

Recentemente, le microalghe si impiegano in prodotti destinati all’alimentazione sia umana che animale, grazie al loro elevato profilo nutrizionale. Un ulteriore settore emergente di applicazione delle microalghe è il loro impiego finalizzato al benessere umano, come la formulazione di integratori alimentari, prodotti per uso farmaceutico e cosmetico. Infine, mentre le macroalghe sono state ampiamente utilizzate come fertilizzanti o biostimolanti naturali per applicazioni agricole e diversi prodotti commerciali a base di estratti di alghe sono comunemente venduti e utilizzati, pochissimi sono invece i prodotti a base di microalghe.

Migliorano la biochimica del suolo

Nei laboratori del dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente, dell’Università di Catania, sono state impiegate le specie Chlorella vulgaris e Scenedesmus quadricauda per verificare la capacità biostimolante delle microalghe e/o dei loro estratti su tre diverse specie vegetali di interesse agronomico: la barbabietola, la lattuga e il pomodoro coltivati in idroponica, su matrici inerti e in suolo. Gli studi hanno riguardato sia l’impiego di microalghe vive, sia quello dei loro estratti in metanolo.

I risultati di questi studi hanno dimostrato che le due specie di microalghe, così come i loro estratti, migliorano notevolmente il funzionamento biochimico del suolo legato ai microrganismi in esso presenti, determinando una maggiore mobilitazione dei principi nutritivi necessari per la pianta. In particolare, si è calcolato un valore dell’indice biochimico di potenziale fertilità del suolo (Mw) fino a 2.9 volte superiore nel suolo trattato, rispetto a quello calcolato nel suolo non controllo.

Effetti sulla germinazione

Per quanto riguarda il trattamento dei semi, i due estratti microalgali hanno mostrato un effetto “priming” tale da rendere più performante il processo di germinazione di semi difficilmente germinabili (incrementando fino a 4 volte la percentuale dei semi germinati), come quelli di barbabietola, che richiedono normalmente l’utilizzo di metodi chimici o fisici di innesco.

Inoltre, gli estratti hanno anche mostrato, in diverse specie, quali barbabietola, pomodoro e lattuga, di migliorare a livello radicale i parametri morfo-biometrici, l’assorbimento dei principi nutritivi e incrementare il numero delle radici laterali.

Piante di lattuga trattate con estratti microalgali (a sx) rispetto a pianta non trattata (a dx)

Anche sulla porzione epigea delle piante, in lattuga e in pomodoro, il trattamento con gli estratti microalgali ha complessivamente determinato un miglioramento notevole dei parametri morfo-biometrici (aumento del 20 % circa in peso fresco finale). Questi ultimi effetti, si sono osservati in piante di pomodoro fatte crescere in idroponica in co-coltivazione con le microalghe, che sono state inoculate nella soluzione nutritiva. In quest’ultimo studio, alla fine del periodo sperimentale si sono così raggiunti due obiettivi, la migliore crescita delle piante di pomodoro (incremento in peso fresco di circa 3 volte rispetto le piante non trattate) e la contemporanea produzione di biomassa microalgale, da destinare ad altri usi. 

Coltivazione di pomodoro fuori suolo, da cui è stata prelevata l’acqua reflua utilizzata nella sperimentazione

Il miglioramento della crescita osservato in piante trattate con gli estratti microalgali, si realizza tramite l’attivazione di complessi meccanismi metabolici. In particolare, a livello biochimico e molecolare, vengono indotti gli enzimi coinvolti nella respirazione cellulare e nel metabolismo dell’azoto, viene incrementata la produzione dei pigmenti necessari alla fotosintesi clorofilliana, si osserva una maggiore efficienza nella traslocazione dei principi nutritivi e l’attivazione del metabolismo ormonale.

Le acque reflue

Grazie all’abilità delle microalghe di utilizzare diversi substrati di crescita, l’uso delle acque reflue urbane e industriali, come materia prima nutritiva per la produzione di microalghe, può comportare notevoli benefici ambientali ed economici.

  1. vulgaris e S. quadricauda sono state allevate in soluzioni contaminate da residui di agrofarmaci per valutare il loro potenziale di depurazione delle acque

Le acque reflue contengono diversi composti come azoto, fosforo, ammoniaca, zolfo e ferro, ma sono presenti anche tossine e metalli pesanti. I normali processi di trattamento primario e secondario di queste acque reflue sono stati introdotti in un numero crescente di luoghi, al fine di eliminare principalmente il materiale organico presente.

Il risultato finale è un effluente limpido, apparentemente pulito, che in taluni casi contiene però forme di azoto e fosforo inorganico in quantità medio-alte e quindi l’effluente potrebbe essere potenzialmente eutrofizzante e determinare quindi problemi a lungo termine sull’ambiente. Per la loro composizione, le acque reflue sono in grado di fornire alle microalghe diversi composti nutritivi quali il carbonio, l’azoto e il fosforo, che rappresentano i nutrienti essenziali per la loro crescita in condizioni eterotrofe o mixotrofe.

In diversi studi è stato dimostrato che molte specie di microalghe sono in grado di rimuovere in modo efficiente i metalli pesanti e i nutrienti presenti nelle acque, in percentuali variabili e dipendenti dalla specie coltivata.

Gli effetti decontaminanti

A tal proposito, C. vulgaris e S. quadricauda sono state valutate anche per la loro capacità di crescere e rimuovere inquinanti organici e inorganici in acque reflue di origine agricola. Precisamente, al fine di valutare il grado di rimozione dei principali composti inorganici, le microalghe sono state cresciute in acque reflue provenienti da una coltivazione idroponica in serra. In queste condizioni di crescita, le due specie microlgali hanno mostrato una buona efficienza di rimozione dei composti inorganici, dimostrando la loro attitudine alla decontaminazione, specialmente dei composti azotati, potendo così contribuire a ridurre notevolmente il loro potenziale eutrofizzante.

Un altro esperimento è stato condotto facendo crescere le due specie microalgali in soluzioni acquose contaminate da cinque diversi agrofarmaci. Precisamente, 4 principi attivi ad azione fungicida (iprodione, fenhexamid, metalaxyl, pyrimethanil) e un ad azione erbicida (triclopyr). Lo scopo principale della prova sperimentale è stato quello di valutare la capacità delle microalghe di depurare acque contaminate da inquinanti di natura organica.

Anche in questo caso le microalghe sono risultate efficaci, riducendo notevolmente la concentrazione dei principi attivi disciolti in acqua e mostrando soprattutto una notevole capacità di rimozione nei confronti del metalaxyl.

Servirà stimare i costi

Alla luce di quanto riportato sopra, le microalghe risultano essere microrganismi utili in agricoltura sia come estratti che come biomassa da interrare o da far crescere in co-coltivazione nei sistemi idroponici. Inoltre, rappresentano un’opportunità interessante per il bio-trattamento delle acque reflue di origine agricola. Tuttavia, si ha la consapevolezza che tali conclusioni necessitano di ulteriori prove in laboratorio e in campo, di valutare l’attitudine di altre specie microalgali e di stimare i costi per la loro produzione.

Microalghe, che cosa sono

Le microalghe sono organismi eucariotici fotosintetizzanti, unicellulari o filamentose che esistono individualmente o in catene o gruppi e le loro dimensioni possono variare da pochi micrometri a poche centinaia di micrometri.

Microalga della specie Scenedesmus quadricauda

Esse sono in grado di adattarsi a diverse condizioni ambientali e sono presenti in tutti gli ecosistemi, acquatici e terrestri.

Possono essere autotrofe, in grado quindi di fare la fotosintesi, ma anche eterotrofe, capaci cioè di crescere anche al buio sfruttando una fonte di carbonio organico, e infine mixotrofe, quando hanno un metabolismo combinato in grado di utilizzare entrambe le fonti di energia, luce e carbonio organico.

Le microalghe, in virtù della loro capacità di adattamento, mostrano una rapida crescita in ambiente acquoso anche in condizioni ambientali avverse, sono facilmente allevabili ex situ, presentando inoltre il grande vantaggio di non essere soggette a restrizioni di tipo stagionali, e di non richiedere l’utilizzo di terreni per la loro coltivazione, non competono quindi con l’agricoltura per la richiesta di suolo.

Ogni specie è caratterizzata da diversi profili biochimici, variabili anche in funzione delle condizioni di crescita. Infatti, i fattori di stress ambientale e le condizioni di crescita modificano profondamente la biochimica delle microalghe, influenzandone sia il metabolismo primario che quello secondario. Di conseguenza, risulta molto variabile la composizione percentuale dei tre principali componenti biochimici: lipidi, carboidrati e proteine. Così come la produzione dei numerosi metaboliti prodotti dalle microalghe, quali: vitamine, acidi grassi e loro derivati, antibiotici e altri composti bioattivi. Per questi motivi ciascuna specie microalgale cresciuta in condizioni ambientali specifiche, può essere utilizzata per uno scopo particolare in funzione della sua composizione biochimica.

I sistemi di allevamento a scopo industriale delle microalghe possono essere di vario tipo, tra questi ricordiamo le vasche raceway e i fotobioreattori.

Sistema di allevamento industriale in vasche race way di microalghe

Le prime sono costituite da un canale a circuito chiuso di ricircolo profondo circa 0,3 m e dotate di una ruota a pale per la miscelazione e la circolazione. I fotobioreattori possono essere piatti o tubolari, orizzontali, verticali, inclinati o a spirale. Per consentire il maggior immagazzinamento di energia solare, solitamente i tubi sono disposti parallelamente uno all’altro con orientamento nord-sud.

Sistema di allevamento industriale in fotobioreattori di microalghe

Il suolo come organismo vivo: la rivoluzione agraria del prossimo futuro

Ho il piacere di condividere con voi un mio articolo pubblicato su georgofili

Evoluzione, tecnologia, innovazione sono tutti aggettivi riferibili al mondo dell’agricoltura di oggi. Lo scenario che prospetta il prossimo ventennio descrive un cambiamento radicale nel concepire le modalità di sfruttamento ed utilizzazione del suolo grazie alle recenti scoperte che vedono sempre più affermarsi come protagonisti in ambito scientifico discipline come la  microbiologia legata all’utilizzo dei microrganismi in grado di abitare il suolo, proteggerlo e fortificarlo dagli attacchi di funghi o batteri dannosi per le coltivazioni e per l’uomo con la finalità di tutelare e preservarne il capitale a favore del suo utilizzo per le generazioni a venire.
Ed è proprio in questo contesto che il concetto di suolo viene reinterpretato in una rinnovata, migliore e adeguata definizione che ne definisce stavolta il ruolo considerandolo come organismo vivente al pari della pianta da esso ospitata. Solo così possiamo pensare a delle tecnologie in grado di tutelarlo e preservarlo.
La desertificazione incalzante e l’incapacità di fronteggiare in maniera sufficiente la domanda alimentare globale con risorse rinnovabili ed in grado di sostentare le popolazioni sempre più numerose del nostro pianeta, pongono altresì allo scienziato del suolo numerosi ed urgenti quesiti che spingono alla necessità di integrare etica e tecnologia insieme. E’ cosi che la conferma di numerose evidenze scientifiche tra cui quelle della relazione endofitica tra microrganismo e pianta diventano essenziali per spiegare fino a che punto questo cambiamento nella visione e nella descrizione della vita nel suolo, sia poi a cascata in grado di rivoluzionare l’intero sistema della produzione agricola moderna. Caratteristica essenziale ed estremamente innovativa dei microrganismi è quella di essere in grado di creare delle vere e proprie reti di interscambio di elementi nutrizionali che in taluni casi riescono ad evolversi ulteriormente realizzando proprio quella relazione endofitica con la pianta che sarà in grado di essere aiutata e sostenuta per fronteggiare i maggiori stress biotici e abiotici che si presenteranno durante il ciclo vitale.
Grazie a tali interconnessioni il parallelismo tra la necessità e la capacità di interazione sociale dell’individuo e della pianta si fa sempre più evidente dimostrando come al pari dell’uomo anch’esse necessitino di relazionarsi del tutto peculiarmente, utilizzando segnali chimici per comunicare tra di loro all’interno di un habitat dalla frequentazione microbiologica “selezionata” appositamente per favorirne sviluppo e la sopravvivenza reciproca all’interno di una “comunità” di piante.
Affermando la possibilità di comunicazione tra le piante, si evidenzia un sistema finemente interconnesso che fa dello scambio di segnali chimici un elemento essenziale alla comprensione ed allo studio della relazione suolo-pianta nel quale molecole e recettori sono pronti secondo le “istruzioni” che si scambiano ad ostacolare o a favorire il ciclo di vita di essa. Tutto ciò si traduce in un bassissimo impatto ambientale realizzato grazie alla sensibile riduzione dei pesticidi che non hanno più ragione di essere in un equilibrio microbiologicamente funzionale a tale relazione.
E in questo “terreno fertile” di scoperte ed innovazione scientifica che si scriverà il futuro della nutrizione umana. Allo scienziato, all’agronomo, a coloro che si affacciano al mondo dell’agricoltura e della nutrizione è affidato un compito di grande responsabilità ma di grande prestigio: fare sì che tutte le parti coinvolte possano insieme interagire proprio per valorizzare e trarre le migliori risorse da queste scoperte con la consapevolezza che soltanto se consideriamo la pianta come il prodotto dell’interazione tra essa, il suolo ed i suoi abitanti, potremo realizzare il grande progetto di poter sostenere ecologicamente ed economicamente la vita dell’uomo su questo pianeta.